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La preside del Liceo Classico Socrate ha chiesto tramite circolare di articolare per iscritto le motivazioni per le quali il 12 maggio gli studenti hanno boicottato le prove INVALSI. La risposta di una classe.
Abbiamo boicottato i test INVALSI per diversi motivi. Le Invalsi sono dei test che vengono fatti svolgere in seconda e quinta elementare, prima e terza media e seconda superiore (anche se recentemente si sta proponendo lo svolgimento degli Invalsi anche in quinto superiore e all’università). Queste prove riguardano la Matematica e l’Italiano e, come precisato sul sito stesso dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, la loro “mission”, ovvero il loro scopo (dei test come dell’Istituto), è quello di concentrarsi “sugli aspetti valutativi e qualitativi del sistema scolastico”. Ciò si traduce in test che dovrebbero fornire, attraverso i risultati, dati statistici utili al miglioramento delle scelte di governo per quanto riguarda il sistema di istruzione. Inoltre queste prove si inseriscono in un orizzonte più ampio con il progetto OCSE-PISA, dal momento che si sta cercando di inserire questo tipo di valutazione in ambito internazionale per creare omogeneità tra i livelli di istruzione di paesi economicamente sviluppati. A nostro parere gli Invalsi presentano contraddizioni, non sono coerenti ed efficaci rispetto allo scopo che si prefiggono. Innanzitutto se il loro scopo è quello di raccogliere dati statistici – tant’è vero che ci vengono presentate come prove anonime – a che serve avere un codice che identifica ogni singolo alunno e che tradisce anche l’anonimato? A nulla, se non ad effettuare una vera e propria schedatura delle competenze dai sette anni in su. Si tratta di una tracciabilità che non ha nessuna utilità ai fini statistici. Se si vuole fare un’indagine davvero anonima, si entra nelle classi, si distribuiscono i quiz e si analizzano; non è necessario sapere quale studente o quale studentessa ha fatto il test, ma, da un punto di vista statistico, è necessario conoscere l’età, la collocazione geografica della scuola, il numero di alunne e alunni per classe, ecc., non il nome. Lo scopo delle Invalsi, inoltre, dovrebbe essere quello di migliorare le scuole, ma il miglioramento consisterà nel sostenere chi ha già le possibilità per andare avanti e lasciare indietro chi è in difficoltà senza prendersene cura; infatti, chi otterrà risultati migliori riceverà ancora più finanziamenti, chi ne otterrà di peggiori riceverà ancora meno sostegno economico. In questo modo una scuola sempre più o del tutto priva di fondi, pur di ottenere anche irrisori aiuti economici, si ritroverà costretta a competere con le altre scuole per garantire il regolare funzionamento dell’istituto. Far competere le scuole per finanziamenti che dovrebbero essere stanziati e garantiti per tutti, porta così alla gerarchizzazione delle scuole su base meritocratica e alla loro distinzione tra “scuole di serie A” e “scuole di serie B”. Questo senza considerare che le disuguaglianze sono causate dal contesto socio-culturale ed economico in cui ogni scuola è calata e non necessariamente dalla non adeguata preparazione dei docenti e/o degli alunni/e. Ma il sistema Invalsi ignora completamente le grandi differenze che ci sono da scuola a scuola e, in questo modo, le accentuano. Gli Invalsi, inoltre, discriminano le diversità, che dovrebbero essere motivo di arricchimento per la scuola. I risultati delle prove di coloro che hanno disabilità intellettive o altri tipi di disabilità, nel caso la scuola dovesse decidere di far svolgere loro la prova, divengono completamente inesistenti, dal momento che non vengono considerati; studenti e studentesse affetti/e da DSE (disturbi evolutivi specifici) svolgono le prove nelle stesse condizioni degli altri ed è facoltà della scuola decidere se fornire o meno strumenti compensativi; chi si trova in svantaggio socio-economico, culturale e linguistico dovrà svolgere le prove nelle stesse condizioni degli altri e delle altre, e non avrà neanche la possibilità, nel caso ci fosse la volontà della scuola, di usufruire di altri supporti. Di conseguenza se si è migrante, disabile, se non si hanno condizioni familiari favorevoli, se non si ha una condizione economica positiva, se nella propria classe non si sono raggiunte le competenze previste, si è automaticamente tagliati fuori.
Per questi test, da quest’anno fino al 2019, grazie alle Legge di Stabilità 2015, sono stati spesi e saranno spesi 24 milioni l’anno. Negli anni precedenti la cifra ammontava a circa 12 milioni l’anno. In entrambi i casi non si tratta di cifre irrilevanti, tenendo conto anche del fatto che spesso le scuole non hanno possibilità di avviare i progetti pomeridiani o hanno la possibilità di avviarli in parte, come è accaduto al Socrate, o non hanno la possibilità di acquistare oggetti di vitale importanza per alunni/e e non solo (come ad esempio succede per l’acquisto dei defibrillatori) o per curare la manutenzione dell’istituto (ne è un chiaro esempio la condizione in cui versa la sede succursale del Socrate ormai da anni). Ci chiediamo perché sia necessario spendere così tanto per questi test – oltretutto contestati da anni dall’intero mondo dell’istruzione – ma non sia altrettanto necessario un aiuto diretto alle scuole per il loro miglioramento e buon funzionamento. In tal modo la scuola, sempre più o quasi completamente priva di fondi a causa dei tagli e della privatizzazione attuata dalla “Buona scuola”, viene ulteriormente privata di soldi pubblici, destinati solo a pochi fortunati.
Inoltre questi test si prefiggono di valutare oggettivamente la conoscenza, le competenze e la capacità logica degli studenti e delle studentesse le cui competenze, in nome dell’ “oggettività” di queste prove uguali e standardizzate, vengono quantificate attraverso una serie di crocette e non attraverso la capacità di analisi e di pensiero critico. Di conseguenza gli Invalsi riducono la materia ad un mero “problem solving”, non curante di tutte le peculiarità e diversità di provenienza, programmi svolti, situazioni personali, economiche, sociali dei professori e delle professoresse, degli studenti e delle studentesse e di tutte le scuole del paese.
Siamo giunti a queste conclusioni dopo un percorso di informazione e riflessione che ci ha coinvolto da marzo attraverso momenti di confronto durante assemblee di classe, assemblee d’istituto e di collettivo. Abbiamo scelto di boicottare i test Invalsi completamente coscienti delle motivazioni qui riportate, convinti e uniti nella nostra decisione.
Gli studenti della VK